Muschi e licheni alle cascate di Little Qualicum

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Ricordo che alle elementari un giorno la maestra ci aveva parlato di muschi e licheni ed io che ero una bambina con una certa tendenza all’immaginazione ero rimasta proprio affascinata dalla spiegazione. La presenza di quelle forme vegetali mi sembrava straordinaria. Certo, vivendo in un appartamento in una città come Genova, non è che il muschio lo vedessi con molta frequenza, ma la spiegazione mi è rimasta impressa, per cui tutte le volte che va in un parco guardo con ammirazione i mille volti di muschi e licheni. Sull’isola di Vancouver la natura concede mille opportunità di contemplare ogni tipo di muschio, non solo quello che si mette nel Presepe a Natale. Qui, soprattutto nelle zone più umide il muschio cresce anche sui rami degli alberi. Guardare per credere. Visto come copre questi rami secchi?

Ci troviamo nel Little Qualicum Falls Park, più o meno nella zona centrale dell’isola. Il parco ci da il benvenuto con alberi magnifici ed altissimi. Ci avvertono che non piove da tre mesi, quindi di acqua nelle cascate ne è rimasta poca, comunque pare che per le numerose varietà di muschio che crescono in questa zona il clima secco di quest’estate non abbia creato nessun problema. Fin dal ciglio della strada crea un cuscino verde che si estende tra le felci, fino ad arrampicarsi sulla corteccia degli alberi.

Forma un bel tappeto verde, comodo comodo per un bel picnic, una pausa per una merendina. Il signor scoiattolo qui sembra apprezzare il comfort del muschio.

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Lo scorgiamo e ci avviciniamo lentamente per non spaventarlo. Sembra che questa pigna sia proprio buona e che su questo muschio si stia proprio comodi perché pare che nulla lo preoccupi, neanche i turisti che in questi giorni iniziano ad essere numerosi. Lui, nonostante i curiosi continua a sgranocchiare indisturbato. Si guarda intorno, fa una piccola pausa sul suo divano morbido e confortevole. Un tempo sotto il muschio doveva esserci il tronco di un albero, uno di questi pini giganteschi. Forse l’anno tagliato o, più probabilmente è caduto in seguito a una burrasca e a poco a poco con  le piogge e l’umidità ha iniziato a ricoprirsi di una vegetazione sempre più fitta, fino ad assumere l’aspetto di una moquette verde.

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In questo ambiente naturale l’umidità di solito non manca non solo per le cascate che generano una certa quantità di condensa, ma soprattutto per la vegetazione che si contende la luce e contribuisce a creare l’habitat ideale per muschi, licheni e felci. Nel sottobosco crescono rigogliose al lato del torrente.

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E le cascate, dove sono? vi domanderete perplessi. Eccole, in questo momento dell’anno c’è poca acqua, possiamo quindi notare la bellezza delle rocce scavate dall’incessante flusso del fiume omonimo, il Qualicum.

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Tutt’intorno si dipana un sentiero nel verde che costeggia le cascate. E’ una passeggiata rilassante, circondata da alberi maestosi che poco si prestano alle lenti del mio smartphone. Ci provo, ma il risultato è davvero mediocre in confronto alla magnificenza dell’originale.

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Intorno al sentiero la recinzione metallica tiene lontani i turisti dal fiume e dalle cascate. E’ severamente proibito fare il bagno. Ci avvertono del pericolo e come potete vedere la rete metallica impedisce di avvicinarsi troppo.

 

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In questo come in molti altri parchi ci sono molti tronchi caduti a terra. Sembra che questi abbiano navigato a lungo e siano stati levigati dall’acqua prima di incastrarsi da le due sponde del fiume.

 

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Il fiume si è scavato l’ alveo tra le rocce

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In altre stagioni l’acqua ricopre gran parte di questa zona, ma il bello della relativa siccità di questi ultimi mesi è che si possono osservare le rocce che emergono tra le acque.

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La sostanza bianca immagino che sia calcare, ma è solo un’ipotesi.

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Ci aggiriamo per il parco, godendoci il panorama finché scopriamo che meno di una settimana fa è stato avvistato un orso da queste parti. Girando per i parchi ho scoperto che la guardia forestale avvisa i turisti della presenza degli orsi con questi cartellini sui quali con il pennarello cancellabile segna la data.

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Qualche orso bruno l’abbiamo visto anche noi sulla strada per Tofino, ma non abbiamo fatto in tempo a fotografarlo. I ranger e le guardie forestali, invece, in tutti questi anni non le ho mai viste, ma non perdo la speranza. Stay tuned!

Non c’é pioggia che tenga

Il sole si sta svegliando, ma Insonniamarina è già arzilla da un bel po’, diciamo che dalle 4 o forse anche prima. A quell’ora la pioggia ticchettava allegramente sul tetto facendo presagire una giornata piuttosto autunnale. Non c’è como l’insonnia per far vacillare anche i più intrepidi esploratori, che poi in questo caso tanto intrepidi non sono. Comunque mentre stavo per soccombere alle lusinghe della pigrizia  ecco che  sono accorse a soccorrermi due voci familiari e lontane: “Fatte animu!” mi esortava la prima in genovese.  “Fatti animo, non arrenderti per così poco. Alzati e vai!” insisteva l’altra. Madre e figlia, ossia nonna e mamma erano riapparse dalle brume del passato per riscuotermi dal torpore e spronarmi all’azione. Ed io figlia e nipote tutto sommato obbediente sono scattata sull’attenti e mi sono messa in moto: caffè, doccia e poi un attimo di esitazione al momento di valutare che libro mettere in borsa. In fine “Si parte” annuncio speranzosa, tanto speranzosa da non portarmi neanche l’ombrello, perché è pensate e ingombra. Nel frattempo ha smesso di piovere ed io sono speranzosa. Mi metto in macchina, le strade sono sgombre, la città è ancora sonnolenta. E’ bello transitare all’alba immaginando le avventure che mi attendono, le incognite di un viaggio lampo, di una breve escursione a Vancouver. Non c’è traffico e si arriva in breve al terminal traghetti. E’ un martedì qualunque, non c’è fila alla biglietteria. Da bordo la vista è splendida. Il sole, timidino, tenta di aprirsi un varco tra le nuvole. Si specchia tra le acque argentate. Laggiù è silenzio, natura incontaminata, solitudine e pace.IMG_20150505_070532 IMG_20150505_070545

C’è un senso di mistero nell’aria. Cammino da prua a poppa per godermi il panorama da entrambi i lati, per vedere tutte le isolette di quest’arcipelago che circonda l’isola di Vancouver. E’ un puzzle di isole e pinete avvolte dal silenzio di una giornata quasi invernale.

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Il sole inizia a sorgere, ma le nuvole hanno la meglio.IMG_20150505_070938 IMG_20150505_070910 IMG_20150505_070723 IMG_20150505_070710 IMG_20150505_070621 IMG_20150505_070556

Sono appena le sette e gli altri passeggeri se ne stanno al calduccio a sorseggiare il primo caffè della giornata. Io invece non voglio perdermi questo spettacolo fantastico. Opto per un altro giretto dopo aver meditato di tornare dentro. Mi aggiro meditabonda. Come al solito ho freddo. Cerco di scaldarmi le mani e parte uno scatto a sorpresa. Se avessi cercato di raggiungere questo effetto selfie di riflesso non ci sarei certo riuscita. Invece eccomi qui, francamente un po’ infreddolita.IMG_20150505_071111 IMG_20150505_071109 IMG_20150505_071034 IMG_20150505_070938Continuiamo la navigazione, ma la brezza mattutina inizia a farsi sentire. Il freddo mi fa prudere le mani. E’ uno strano effetto collaterale. Sarò diventata allergica alle basse temperature. Con l’età questo ed altro. Ma suvvia non posso mica arrendermi così. Ancora qualche scatto e poi vado dentro. Nel frattempo mi imbatto in una cartina che illustra in modo più razionale del mio sguardo erratico la geografia della zona. Il traghetto fa lo zig zag tra le isole per raggiungere la terra ferma.

 

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Non riuscirò mai a ricordare i nomi di tutte queste isole e soprattutto a riconoscerle, ma non mi stanco mai di ammirarle.

Mi guardo intorno e mi vengono in mente i versi di Antonio Machado: “Caminante no hay camino, sino estelas en la mar”. Una traccia evanescente segna il cammino percorso. Il cielo lentamente si rischiara. Intravvedo un piccolo faro in miniatura.

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Eccolo lì solitario tra gli alberi. Le parole non riescono a captare il mistero di questi orizzonti.IMG_20150505_073818IMG_20150505_080034IMG_20150505_073746

 

Nebbia in estate, sole in primavera

Ricordate le suggestive immagini di Sooke che vi avevo mostrato l’estate scorsa? Ebbene in occasione delle vacanze pasquali siamo tornati in questo luogo meraviglioso in cui terra e mare giocano a nascondino. Ricordando l’esperienza precedente, eravamo un po’ perplessi, pronti ad addentrarci nelle brume e, se necessario, rifugiarci in macchina per un pic nic fantozziano. Invece, ecco la sorpresa. In effetti era una situazione tipo Marcovaldo: una bella mattina, due ore di tempo e un pranzo al sacco un po’ approssimato. Avanzi di torta pasqualina senza sfoglia e alcuni stuzzichini. Ma soprattutto c’era la voglia di immergersi nella natura ed esplorare altre zone di questa magnifica costa. Il cartello promette bene, l’entrata del parco è a soli 75 metri di distanza. Male che vada si fa presto a tornare indietro. L’efficienza di un paese si misura anche da questi particolari e il Canada in quanto a parchi e zone verdi non scherza. Allora procediamo senza indugi verso l’Ed MacGregor Park.IMG_20150407_122410IMG_20150407_122624

Francamente il nome MacGregor mi ricorda tanto il contadino sadico di Peter Rabbit, quello che aveva lasciato orfani tutti i coniglietti, Flopsy, Mopsy, Cottontail e, ovviamente, Peter. Ve lo ricordate? La madre gli raccomandava sempre di fare attenzione a non andare nel suo giardino. Beh, noi non siamo in cerca di carote o di altri ortaggi e non abbiamo una bella coda soffice. Entriamo sorvegliati dall’aquila che sormonta la scritta ed è un tripudio di piante e fiori. In primo luogo un bell’arbutus. Sii tratta di un albero sempreverde che cresce nella zona del Pacifico e che ha una corteccia di un marrone rossiccio molto caldo che contrasta con il verde delle foglie. E’ un albero bellissimo. Uno dei miei preferiti, forse perché con le sue chiome frondose rallegra ci tiene compagnia tutto l’ano. A poca distanza una splendida panchina fatta di legno riciclato, ossia di driftwood, quel legno che si raccoglie sulle spiagge dell’isola, levigato dall’azione delle onde e delle maree. Bella, vero? Molto ecologica e in armonia con la natura. Lì dietro scorgiamo il viola intenso delle azalee che crescono rigogliose anche in città. Sono tra le prime a fiorire, però sembra che quelle viola ci mettano un po’ di più a sbocciare, quindi quando quelle rosa iniziano ad appassire, loro si risvegliano. Anche la magnolia rosa inizia a fiorire. E’ una fioritura effimera, bellissima.

IMG_20150407_122819IMG_20150407_122843 IMG_20150407_122828  IMG_20150407_122808IMG_20150407_122906 IMG_20150407_122757 IMG_20150407_122714Intravvediamo il mare in lontananza. Non siamo mai troppo lontani dall’acqua su quest’isola. Eccolo laggiù il mare, dietro a quel teatro in cui si intravvede un gruppo impegnato nel tao chi mattutino. Arte e natura si incontrano in questo borgo un tempo dedito alla pesca e al commercio del legname. Ecco un mosaico che ricorda la storia locale e l’amore per la natura e la cultura. Dove si trova? Indovinate un po’?

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All’entrata di un civilissimo vespasiano. Ebbene sì, guardare per credere.

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Non ci sono dubbi, è attrezzato anche per i disabili. Continuiamo la passeggiata verso la costa. Il percorso è in discesa. Ci avventuriamo per un sentierino in legno che serpeggia in giù fino alla spiaggia.

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Per evitare spiacevoli sorprese un cartello giallo ci ricorda che il percorso potrebbe essere scivoloso in caso di pioggia. Io non ci credevo che si potesse scivolare tanto sul legno, ma ho toccato con mano, anzi con piede e quasi quasi anche con altre parti del corpo quanto possa essere infingardo questo materiale durante o dopo un temporale, per non parlare in caso di ghiaccio. Oggi, però siamo fortunati, il cielo è sereno, si direbbe che non ci sia neanche una nuvola all’orizzonte. O forse no. Eccola lì, fedelissima, che mi accompagna. Per fortuna però che ha fatto la brava e si è tenuta a debita distanza, mentre mi faccio strada tra il verde. 158 giorni di pioggia all’anno si traducono in una fantasia di felci, muschi e licheni. Non poteva essere altrimenti. Ecco i tronchi degli alberi e anche i rami e le radici coperti di muschi.

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Un giorno schiverò un post dedicato unicamente alle radici. Ne ho visto di bellissime. Continuo a scendere, circondata da una natura rigogliosa, fino a raggiungere il mare. Il pontile si estende a perdita d’occhio.

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IMG_20150407_123830  IMG_20150407_123802 IMG_20150407_123725IMG_20150407_123757     IMG_20150407_125536 IMG_20150407_125620IMG_20150407_125529 IMG_20150407_125522

Finalmente capisco perché la chiamano Supernatural British Columbia.

 

 

 

 

 

Dov’è andato l’inverno? Dove sono andata durante l’inverno?

Se dovessi scegliere un animale con il quale identificarmi avrei solo l’imbarazzo della scelta: bradipo, orso, magari anche un po’ elefante. Insomma una creatura non proprio snella e scattante con una spiccata tendenza al letargo, ormai l’avete capito. Se gli impegni professionali non me lo impedissero, mi rintanerei volentieri al calduccio e non uscirei prima del disgelo. Ovviamente se le finanze me lo permettessero mi trasferirei ai Caraibi, ma purtroppo per ora non c’è scampo agli inverni della West Coast. E così durante i mesi invernali ad andare in letargo è stata la scrittura. Riprendo a giocherellare con la tastiera ai primi raggi di sole primaverile. Il mascarpone è stato decisamente meno pigro di me e tra gennaio e aprile qualche foto l’ha scattata. E per convincervi che qualche volta ho anche messo il naso fuori casa e fuori da Victoria, eccovi qui qualche immagine del viaggio a Vancouver effettuato ai primi di gennaio. Ebbene sì, ci ho messo un po’, ma meglio tardi che mai. Nei mesi invernali la luce si fa tenue e glaciale, le ombre si distendono e conferiscono un aspetto ancora più nordico IMG_20150108_150517al meraviglioso paesaggio che divide l’isola di Vancouver dalla terra ferma. Siete pronti per la traversata? Il traghetto è in partenza.1420787023226

Le nuvole creano atmosfere suggestive e a tratti lasciano intravvedere gli ultimi raggi di un sole che saluta timidamente prima di inabissarsi.IMG_20150108_145201 In lontananza si scorge il Mount Baker, di cui vi avevo parlato durante le gite estive. Lo si scorge in lontananza, dietro a quell’isolotto disabitato.

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Nel breve tragitto da Tsawwassen a Swartz Bay, ossia da Victoria a Vancouver, incontriamo numerosissime isole, alcune splendidamente incontaminate, altre abitate da pochi fortunati che si godono la pace del luogo. Chi è cresciuto nell’affollatissimo capoluogo ligure si sente un po’ sperduto a queste latitudini dove tutto è silenzio.  La bellezza di questi paesaggi mi risulta stranamente inquietante. IMG_20150108_150634

Cosa ci vogliamo fare, sono mediterranea, amo il caldo, il sole e i colori. Chissà per quale strana legge del contrappasso mi ritrovo qui? Chi lo sa, ma comunque riesco ad apprezzarne il fascino, per quanto evanescente. IMG_20150108_151041Il paesaggio cambia in continuazione, le nuvole appaiono e scompaiono. Faccio qualche giro per il traghetto per non perdermi nessun aspetto di questo meraviglioso panorama. Mi muovo rapidamente da prua a poppa insieme a qualche intrepido viaggiatore, la maggior parte fumatori costretti a sfidare le intemperie pur di godersi una sigaretta. Io avanzo a passo spedito per per evitare il congelamento e per cogliere le immagini più suggestive.

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La nebbia non manca quasi mai, per fortuna è giocherellona e il vento dispettoso accorre in mio aiuto. Il traghetto avanza e non oso pensare se questo salvagente possa avere altri usi oltre a quello decorativo. Ho letto che in gennaio la persona media muore assiderata nel giro di pochi minuti. Visto che sono estremamente freddolosa forse avrei un’agonia più breve. Sempre meglio guardare il lato positivo delle cose…IMG_20150108_150704 In caso, il salvagente ce l’hanno messo e mi sembra piuttosto carino. Mi ricorda le lunghe giornate estive e le meravigliose crociere dell’infanzia. Per me, abituata a viaggiare sulle navi della Società Italia, prendere il traghetto è sempre una festa. Certo non sono proprio i transatlantici nostrani, ma il piacere di navigare non si scorda mai. Adoro partire, anche quando le temperature scendono al di sotto del mio livello di guardia. IMG_20150108_150652

 

 

Ultimi giorni di sole e di spiaggia

Domenica, ultima giornata estiva, abbiamo potuto fare una bella passeggiata sul lungomare di Sidney che avevamo visitato qualche mese fa. Nonostante fossimo alle soglie dell’autunno faceva ancora un bel calduccio, più di venti gradi, e, come diceva Marcovaldo, avevamo a disposizione “una bella mattina, due ore di tempo” e qualche timido raggio di sole.

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La spiaggia non si può dire che fosse affollata, anche sulla passeggiata c’erano pochissimi passanti. Questa volta non ho fatto fatica ad evitare la presenza umana, non c’era praticamente nessuno su questa piacevolissima passeggiata che conduce al centro di Sidney. Il cielo non è più azzurro come in luglio, ma rimane un luogo piacevole per riflettere sulla bellezza del mare e per rilassarsi.

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All’orizzonte si perfilano le isole dell’archipelago che ci separano dagli Stati Uniti. Da qui si può prendere il traghetto per arrivare ad Anacortes e da lì raggiungere la terra ferma, Seattle e lo stato di Washington. Viene voglia di viaggiare, di andare da un’isola all’altra, di abbandonare la routine quotidiana, la razionalità del dovere e partire per un’avventura nuova in questa geografia caotica di isole, penisole, cale e fiordi.

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Basterebbe aver portato il passaporto per imabarcarsi sul traghetto e partire verso altri porti, cullati dall’azzurro delle acque calme e il verde intenso delle conifere. La fantasia spazia e immagina come potrebbe essere la vita su isole più piccole e selvagge, dove molti decidono di andare in pensione per allontanarsi dallo stress della vita postmoderna. L’immaginazione da colore ad atmosfere decisamente nordiche, dove tutto è pace, silenzio e voluta solitudine. Siamo solo a tre kilometri dal centro del paesino, dove troveremo turisti e pensionati locali.

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Il profilo delle isolette si confonde e la luce si stempera all’orizzonte. Vorrei che l’estate non finisse mai. Che questa luce ci accompagnasse nei mesi autunnali, ma so che si tratta del canto del cigno. Respiro l’aroma del mare, i profumi delle erbe selvatiche, finocchio, rosmarino, rosa canina, che costeggiano la spiaggia.

All’improvviso appare un melo abbarbicato su uno scoglio. Mi sorprendono i colori delle mele rosse e dei rami che si protendono verso il mare, in un’anfratto difficilmente raggiungibile dagli esseri umani.

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La zona è impervia, la costa si è fatta rocciosa, appaiono piccole scogliere a strapiombo sul mare; le mele aggiungono una nota di colore al paesaggio.

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Giriamo l’angolo e ci troviamo in prossimità del centro. I turisti si mescolano con la popolazione locale, in gran parte di origine britannica.

Non sono la sola a scrutare l’orizzonte…

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Passeggiata mattutina

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Il cielo era plumbeo, l’estate sembrava averci detto addio, l’atmosfera intorno a noi invitava alla calma e alla riflessione. Una giornata normale a queste latitudini dove se non piove si può dire che faccia già bel tempo. Cammino scrutando il cielo, affascinata dalle nuvole che si rincorrono, e anche un po’ preoccupata perché sono uscita senza ombrello e senza impermeabile.  Mi avvio verso la spiaggia insieme a qualche quadrupede intrepido che si diverte con ramoscelli e frisbee.

La bassa marea non è ancora arrivata e la striscia di sabbia che emerge dalle onde si contende il privilegio di ospitare tronchi d’albero e alghe, il famoso kelp di cui vi avevo già parlato.

IMG_20140918_093328Potrebbe sembrare una discarica di tubi di gomma, ma in realtà è una spiaggetta metropolitana a due passi dal ponte in cui attraccano le navi da crociera. I tronchi levigati dalle acque ricordano il fiorente commercio del legno e le mareggiate che li hanno portati a riva. Il mare acquisisce un colore plumbeo che riprende le tonalità delle rocce e della ghiaia. Mi avvio sul pontile per una passeggiata panoramica.

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In lontananza si scorge la terra fema. Le vette dei monti emergono dalle nuvole e ci ricordano che non siamo poi così lontani dagli Stati Uniti. Le magnifiche Olympic Mountain ci circondano. Un altro giorno riusciremo a vederle meglio.

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Le nuvole scendono a livello del mare, non si capisce se uscirà il sole o se inizierà a piovere. Lo spiro salino mi riporta alla mia amata Liguria, respiro con piacere l’odore della salsedine e l’umidità di questa giornata di settembre.

IMG_20140918_093443Volgendo lo sguardo verso la passeggiata noto come si apre un varco tra le nuvole.

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La geografia di questa zona è complessa, in lontananza scorgiamo diversi promontori che si susseguono verso Sooke.

Il mare sembra avere un aspetto poco invitante.

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Solo il kelp sembra trovarsi a suo agio. Qui la temperatura è troppo bassa per poter fare il bagno, a meno che non ci si armi di muta e di molto coraggio, due elementi che non mi si addicono. Vista la fatica che faccio con i jeans, non immagino la lotta per infilarsi in una muta di gomma e il dolore del contatto con l’acqua. Meglio guardarla da lontano.

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Sembra aprirsi uno spiraglio tra la coltre di nubi.

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Buona giornata a tutti.

Istruzione o distruzione?

Secondo il calendario scolastico le scuole a Victoria dovrebbero aprire i battenti il 2 settembre, il giorno dopo Labour Day, la festa del lavoro che sancisce la fine della pausa estiva. E’ una tradizione consolidata che ai primi di settembre o, in alcuni casi durante l’ultima settimana di agosto, i ragazzi riprendano gli studi. Ogni anno l’avvicinarsi di tale data è accompagnato da una certa nostalgia, da una vena di tristezza per quell’estate ormai finita, da un pizzico di angoscia per chi si affaccia verso l’ignoto e, in rari casi, da espressioni di giubilo da parte di grandi e piccini. Io, da piccola, ero uno di quei bambini che non vedevano l’ora di iniziare la scuola. A cinque anni pensavo che andare alle elementari fosse la cosa più bella del mondo e avevo insistito tanto che i miei genitori avevano persino trovato il modo di mandarmi a scuola un giorno di straforo a scuola con mia sorella che era già in prima elementare. Ricordo ancora l’emozione di quel giorno. Mi sentivo così importante per il fatto di andare a scuola. Ero proprio soddisfatta, orgogliosa di aver raggiunto quel traguardo. Sarò forse una mosca bianca, ma ho sempre associato l’inizio di una anno scolastico come un presagio di qualcosa di positivo. Si guardava il mare si settembre e si iniziava a fare progetti. Si sceglieva il diario in una giornata di burrasca e ci si preparava per quel nuovo inizio. Non so come lo vivessero i miei genitori, a quell’epoca non tanto remota, non ci si interrogava tanto sui sentimenti, però io almeno da bambina il ritorno alla scuola lo vivevo con entusiasmo.

Da genitore e da insegnante, quest’ultima settimana di agosto la vivo con un senso di aspettativa: è il momento di fare progetti, di pianificare nuove attività, di cercare di rivoluzionare la routine familiare e trovare il perfetto equilibrio tra attività professionali e parentali. Si cerca di comunicare entusiasmo ai figli si pensa a nuovi menù per assicurarsi che gli adolescenti mangino in modo sano, si cerca di mettere in pratica strategie innovative per evitare il caos mattutino, si fa il back to school shopping, tutto per essere pronti per l’appuntamento del 2 settembre.

Quest’anno, però nella Provincia del British Columbia l’ultima settimana di agosto si presenta incerta, non dal punto di vista meteorologico, ma da quello scolastico. In parole povere, non si sa se e quando riapriranno le scuole. Lo scorso anno scolastico si è concluso con due settimane di anticipo a causa dello sciopero generale della federazione degli insegnanti. Due settimane di vacanze in più per i ragazzi, niente scrutini e pagelle per tutti gli studenti dal kindergarten alla prima superiore. Tutti promossi d’ufficio. Dalla seconda superiore in poi i voti ci sono stati, basati solo su quello che era stato fatto fino a quel punto. In altre parole se c’erano ancora dei compiti in classe durante quelle ultime due settimane, non sono stati fatti, se qualcuno sperava di tirarsi su la media con quell’ultima verifica, niente da fare. Le pagelle per gli ultimi tre anni delle superiori sono arrivate come un terno al lotto. Non si sa come abbiano dato i voti, come abbiano risolto la questione dei ragazzi in bilico tra il 5 e il 6, ossia tra C- e F. I corsi di recupero sono andati in fumo, i genitori si sono trovati a fare i salti mortali per gestire famiglia e lavoro. Nel frattempo le trattative tra gli insegnanti e il governo a cui chiedevano di rispettare i termini imposti da una sentenza della corte suprema si sono insabbiate. Il governo non vuole sentire ragioni, non vuole rispettare il verdetto dalla corte suprema e dimostra un totale disinteresse nei confronti dell’istruzione pubblica, non cede sul numero di studenti per classe, sui fondi e sugli stipendi. Per dimostrare però che il governo è disposto ad andare incontro alle famiglie che lavorano, viene offerto un buono di $40 al giorno per coprire le spese della babysitter o del centro estivo. Il messaggio è chiaro: la scuola funziona come una babysitter, come un parcheggio nel quale posteggiare i ragazzi per circa 12 anni. Il messaggio si presta anche a una lettura ideologica che penalizza chiaramente chi va alle scuole pubbliche. Chi va alle private, chi può permettersi rette annuali di almeno $14’000 all’anno, non ha problemi, l’anno scolastico inizierà puntualmente, non ci saranno scioperi, l’istruzione è assicurata. Quelli che invece credono nell’istruzione pubblica come bene comune e fondamento della società civile si trovano a fare i conti con un governo che disprezza l’istruzione, che preferisce pagare un buono di $40 per il babysitteraggio, piuttosto che investire nella pubblica istruzione. Sembra assurdo, no? Il governo si rifiuta di firmare un accordo con gli insegnanti e propone di spendere i soldi risparmiati con lo sciopero per coprire il costo del daycare. Ovviamente per questo governo non c’è differenza tra insegnanti e babysitter. Non importa che i ragazzi non vadano a scuola, che non imparino niente, l’importante è vincere questa battaglia e gridare ai quattro venti che l’economia neoliberale se ne fa un baffo dell’istruzione.

Per gli studenti delle superiori, quelli che alla fine del semestre dovranno sostenere gli esami provinciali i cui risultati determineranno l’entrata all’università, non c’è nessun tipo di istruzione. Semplicemente se ne restano a casa o si organizzano per guadagnarsi qualcosa occupandosi magari di quei bambini i cui genitori lavorano. Per i genitori dei ragazzi handicappati la situazione è particolarmente tragica. Non ci saranno insegnanti di sostegno disponibili per loro.

Nel frattempo le due parti, la federazione degli insegnanti e il governo hanno chiesto il silenzio stampa sulla questione, decisione che lascia perplesso chi vorrebbe essere messo al corrente di ciò che avviene dietro le quinte. Che si tengano all’oscuro i genitori e i ragazzi sembra roba da regime totalitario e fa riflettere sul ruolo della scuola in un paese democratico, sul ruolo del governo nel fornire un’istruzione di qualità che permetta a tutti gli strati della popolazione di eccellere. Il provveditore ha mandato una lettera dal tono lapalissiano in cui esprime ciò che sapevamo già, non si sa se le lezioni inizieranno regolarmente. Ci si sente trattati come bambini, come idioti da chi dovrebbe farsi carico dell’istruzione. Se tanto mi da tanto, non oso pensare come trattino i ragazzi in classe. Tralasciando questa considerazione che dimostra il mio chiaro cinismo made in Italy, anche i più flemmatici genitori canadesi iniziano ad essere visibilmente frustrati e con ragione. I genitori che lavorano si trovano di fronte a un difficile dilemma: cosa fare? Per chi ha i figli più grandi che possono badare a se stessi, la faccenda sembra più facile: i genitori al lavoro, i ragazzi che si arrangino. Se vogliono dormire fino a mezzogiorno, occhio non vede, cuore non duole, cosa fanno poi il resto della giornata, meglio non saperlo. Sicuramente non si organizzano per fare corsi autogestiti di algebra o di chimica, insomma sono ragazzi, siamo realisti. Nel frattempo tutta questa situazione fa riflettere sul ruolo della scuola in una paese democratico. A cosa serve, sempre che serva? Le scuole pubbliche sono un parcheggio gestito dallo stato? Che tipo di messaggio comunica il governo con le sue manovre? Vorrei proprio sapere come fa questo governo a utilizzare i fondi pubblici, quei soldi che andrebbero per pagare gli insegnanti, per pagare il servizio di babysitter. Come fa un genitore a rimanere impassibile di fronte allo smantellamento dell’istruzione pubblica? La sottoscritta non è rimasta con le mani in mano e ha fatto l’unica cosa che sa fare, ossia scrivere. Insieme ad altri genitori ha redatto una petizione a favore dell’istruzione pubblica. Non sappiamo se servirà, ma almeno abbiamo espresso il nostro rammarico nei confronti delle misure del governo per difendere il diritto dei nostri figli all’istruzione. Non sembra una richiesta assurda in un paese democratico…

Se volete firmare anche voi, ecco il link

https://www.change.org/p/premier-christy-clark-listen-to-our-children-s-teachers

 

Pace e tranquillità: The Japanese Garden

Alcuni di voi ricorderanno i meravigliosi fiori di Butchart Gardens di cui vi avevo parlato qualche settimana fa. Quando c’eravamo stati non avevamo avuto modo di gustare una zona particolarmente piacevole dei giardini, il cosiddetto Japanese Garden.

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Ideati in parte dall’intraprendente Signora Butchart, i giardini giapponesi costituiscono un’oasi di pace all’interno di quest’angolo paradisiaco della penisola di Saanich su Vancouver Island.

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Si accede alla zona attraverso quest’entrata dall’aria orientaleggiante ed eccoci in un’altra dimensione. Il sentierino procede sinuoso tra felci e muschi invitando alla riflessione. Tutto intorno è verde, mille sfumature di verde, dalle tenere foglioline al verde più intenso.

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Le piante curate e selezionate, potate ad arte per creare intrecci complessi, accolgono il visitatore che, circondato dal verde e dall’acqua che scorre tranquilla, sente subito una sensazione di benessere. Anche una persona nevrotica e poco portata per la spiritualità come me non si è potuta sottrarre al fascino di questa zona. Fatti pochi passi, si respira la quiete del fen shui. So che alcuni di voi saranno scettici, lo sarei stata anch’io, ma la sensazione di tranquillità che ho provato era del tutto reale. Dovrei andarci più spesso per poter godere dei benefici “naturali” offerti dall’ambiente.

IMG_20140804_181533Alcuni tronchi d’albero sono completamente coperti di un muschio particolarmente fiorente,effetto delle frequenti piogge che da settembre a maggio irrorano il terreno.

IMG_20140804_181706Procediamo tra i vialetti fino a raggiungere il ponticello. Sullo sfondo l’intensa vegetazione lascia spazio ad un’aiuola di pietrine di un grigio tenue, versione maxi dei giardini zen da tavolo, quelli nei quali si può rastrellare la sabbia. Godiamoci la bellezza del paesaggio e la pace che ne deriva.

IMG_20140804_181428Tra tante piante non potevano mancare le canne di bambù che creano un tunnel. I fusti esili si slanciano verso l’azzurro del cielo e le ombre si distendono nel tardo pomeriggio invitando alla quiete e alla meditazione.

IMG_20140804_182140Dicono che la stagione più bella per visitare questa parte dei giardini sia l’autunno quando le chiome degli alberi si vestono di rosso. Gli aceri giapponesi con le loro foglioline più sottili creano meravigliose combinazioni cromatiche quando intonano il canto del cigno.

IMG_20140804_182354Torneremo al terminare l’estate, quando i colori caldi ci culleranno verso la quiete invernale e le giornate diventeranno più brevi. Allora per compensare la tristezza dell’autunno la natura ci regalerà uno spettacolo straordinario. Stay tuned!

 

Il primo bagno nel Pacifico

Coles Bay

Pensavo che sarebbe rimasto un sogno, che per quanto con gli anni la silhouette tendesse ad ampliarsi, per quanto con il tempo avrei finito per mimetizzarmi con foche e balene, non sarei mai riuscita a tuffarmi nelle acque del Pacifico. Ma la meraviglia di un territorio ricco di baie, cale e anfratti ha reso possibile la coranazione di quel sogno che sembrava destinato a rimanere nel cassetto. Non mi ero ancora lamentata abbastanza del supplizio di Tantalo costituito dalle meravigliose spiaggette che costeggiano l’isola quando un invito provvidenziale mi ha permesso di scoprire un angolo nascosto del lower Vancouver Island: Coles Bay.

Coles Pineta

Grazie alle doti investigative di un’astuta connazionale, di cui per ora non rivelerò l’identità, ho finalmente scoperto la spiaggia con le temperature più elevate della zona ed ho potuto buttarmi in acqua, o meglio lasciarmi dolcemente scivolare nelle acque tranquille della baia.

Coles spiaggia e montagne

I fondali bassi e una giornata particolarmente calda e soleggiata hanno fatto il resto e così domenica 3 agosto ho fatto il primo bagno nel Pacifico, non in mare aperto, ovviamente, ma in una meravigliosa baia, protetta da un fitto bosco di conifere. Alla spiaggia si accede tramite un breve sentiero, così anche i più pigroni possono fare un po’ di movimento prima di spaparanzarsi sulla spiaggia. Sulla spiaggia, attenzione, non sulla sabbia, perché di sabbia ce n’è pochina. Coles bay mostra i segni dell’ultima glaciazione, con i solchi lasciati nelle rocce che emergono sul litorale.

rocce

Il fondale marino mostra la sua vivacità ai turisti distratti, a quelli abituati al confort dei fondali sabbiosi. Conchiglie, resti di crostacei e i famosissimi “barnicles” formazioni assai comuni in questi specchi di mare, si alternano e ricordano al bagnante che le scarpette da mare non sono solo un capriccio delle madri iperprotettive. In questo caso, ci vogliono. Per potersi avventurare sul litorale non basta la buona volontà, le suole di gomma sono un valido aiuto per “navigare” questo litorale selvaggio. Nelle giornate più calde l’acqua, una volta superato l’impatto iniziale, è piacevole e la bellezza del paesaggio ripaga dello sforzo.

Coles Bagno

In quest’estate victoriana, dopo il bagno a Cowichan Lake sto diventando leggermente meno fifona e poi l’amore per il mare, rimasto invariato negli anni trascorsi lontano dal Mediterraneo, ha avuto il sopravvento. Guardare per credere. Non mi riconoscete? Per forza, il mio consorte, amante delle miniature medievali, ha voluto ricreare l’effetto dei codici miniati sullo sfondo della natura incontaminata della West Coast ed eccomi trasformata a scala infinitesimale.

Coles Primo BagnoPotreste pensare che abbia nuotato a lungo per arrivare fin laggiù, ma in realtà il fondale è molto diverso da quello ligure e per poter fare qualche bracciata senza scorticarsi braccia e gambe bisogna camminare parecchio, cosa veramente piacevole per chi vuole acclimatarsi a poco a poco.

Il primo bagno non si scorda mai, così come non si scorda il primo picnic in compagnia di un simpaticissimo gruppo di italiani. Visto che non è stato solo l’Ordano, quello di Genoa Bay, ad approdare da queste parti? Ora è la ricerca scientifica e il desiderio di una vita meno stressante a spingere i nostri connazionali ad approdare sull’isola, ma di questo ne parleremo un’altra volta.

Paese che vai, usanze che trovi

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Vivere su un’isola vuol dire essere circondati dall’acqua. Vivere di fronte ad un porticciolo implica un contatto constante con il mare con le sue onde, con quello spiro salino che per me, anche nei giorni più burrascosi, è sinomino di vitalità. Nel tratto di mare che ci separa dalla terra ferma e dalla miriade di isole che ci circondano le mareggiate sono rare, il mare si protende verso un orizzonte breve nel quale emergono scogli ed isolette. Le rocce e le insenature sono testimoni degli eventi geologici più recenti, intagliate dai ghiacciai in ritirata durante l’ultima glaciazione. Solchi più o meno profondi ricordano che in un tempo geologicamente piuttosto recente queste terre emerse erano coperte dai ghiacci.

Cattle Point

 

Nel tempo l’azione del vento e degli agenti atmosferici hanno smussato gli angoli delle rocce, la vegetazione ha fatto la sua scomparsa, ma qualcosa è rimasto delle epoche preistoriche. Indovinate un po? Ebbene sì, un certo frescolino è di casa tra queste insenature. Se a circa mille chilometri più a sud le correnti dissuadevano i prigionieri di Alcatraz dal gettarsi nei flutti per conquistare l’agognata libertà, qui al nord potete immaginare che temperature raggiungano le acque. Durante i mesi estivi, si oscilla intorno ai 10 gradi, abbastanza da intimorire residenti e villeggianti, soprattutto quando questi ultimi hanno origini mediterranee. Nonostante ciò la fantasia umana non si arrende e la muta integrale permette di gettarsi tra i flutti e apprezzare la bellezza delle coste e dei fondali. E’ un’esperienza che non ho osato provare perché le mie caratteristiche mediterranee, con il tempo si sono rafforzate e da qualche anno a questa parte sono diventata quasi più freddolosa di mia madre. Invece di temprarmi, divento sempre più fifona per quanto riguarda il clima, con l’eccezione di alcuni momenti di gloria, in cui riaffiora lo spirito di avventura dei vecchi tempi, quello di cui si ricorda Miss Fletcher.

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Quel che non ammazza ingrassa, quindi invece di temprarmi le temperature polari alle quale sono stata esposta per anni e anni in diverse zone dell’America settentrionale non mi hanno trasformato in una sciatrice provetta o in un’amante degli sport estremi, ma piuttosto in un topo di biblioteca sempre intirizzito e, di conseguenza, attratto da caffè, muffin e scones che ormai fanno parte del tessuto adiposo e scorrono nel flusso sanguino. Non pensate adesso che mi sia trasformata in una matrona, nient’affatto, se non altro in presenza di una popolazione in gran parte di origine scandinava, ho subito una stranissima metamorfosi della quale non sarei mai stata in grado di immaginare le conseguenze.

Dirò, fra parentesi, che da quando sono approdata su quest’isola non mi sono mai sentita tanto scura, etnica e bassetta. Insomma una donna lentigginosa di un metro e settanta con un peso che supera abbondantemente i sessanta chili nel suolo italico si sente un donnone, soprattutto se ha la malaugurata idea di entrare in certe catene di negozi in cui l’anoressia sembra essere la conditio sine qua non per potersi infilare in qualche capo senza far saltare le precarie cuciture. Provarmi un costume dalla Golden Point o dagli Intimissimi era un supplizio, qui invece, i costumi corazzati mi vanno a pennello e visto che sono in gran parte pensati per pelli di alabastro non mi trovo mai a dire “il colore non mi dona!” Ebbene da donna alta e robusta mi sono trasformata quasi in petite. Confesso che quando nei negozi mi suggeriscono di guardare la sezione per donne basse, mi offendo un po’. In ogni caso, vista la media della popolazione, compro magliette taglia small, spesso devo farmi accorciare i pantaloni e, meraviglia delle meraviglie, trovo le scarpe in liquidazione perché da queste parti il 39, 40 vanno per la maggiore. Ah, dimenticavo, sono diventata una brunette, almeno così mi hanno detto un paio di persone, mio marito incluso. La mia pseudo abbronzatura di un beige chiaro che farebbe inorridire mia madre, amante della tintarella, tradisce le mie origini mediterranee. Insomma ancora un po’ e mi trasformo in Calimero, non per mancanza di sapone, ma in confronto alla popolazione locale. In tanti anni non mi era mai sfiorata l’idea di poter essere considerata una persona scura, anzi per anni mi sono crucciata per il fatto di non abbronzarmi e di sembrare sempre una mozzarella. Qui invece ho subito una metamorfosi che non smette di sorprendermi. Ho scoperto di essere “etnica”!

Esploratrice

Paese che vai, usanze che trovi.

Parlavamo delle spiagge, cosa si fa in spiaggia nei dintorni di Victoria? Direi in primo luogo che il costume sia optional; si può stare completamente vestiti per evitare in primis il sole, in secondo luogo il freddo. Il sole rappresenta un acerrimo nemico per chi d’altro canto si ingozza di pasticche di vitamina D perhé i raggi solari sono temutissimi, quindi anche sulla sabbia maglietta e cappello stile Indiana Jones per i sudditi di sua maestà. Cosa si fa una volta giunti sul litorale? I più previdenti, soprattutto se con pargoli al seguito, montano una piccola tenda con tessuto antisolare. I fanciulli più grandicelli si avventurano nell’acqua, di solito in compagnia del padre ed acquisiscono toni bluastri quando riemergono completamente dal mare. Non che si tuffino, si limitano a mettere i piedi nell’acqua e tutt’al più giocano con qualche tronco galleggiante, sempre muniti di maglietta protettiva.

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“Be sun smart”, recitano i cartelli a fianco delle docce e dei servizi nelle spiagge più gettonate!

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Il mare se lo gode chi ha un’imbarcazione, anche solo una canoa o un “paddle surf”, una specie di surf senza vela sul quale stare in piedi e muoversi grazie ad un largo remo. Non so come sia stato tradotto in italiano e se sia stato importato dalle nostre parti, ma a me sembra troppo pericoloso, se si cade in acqua è finita.

Date le premesse non sono molti quelli che trascorrono le giornate estive in riva al mare. Ecco con questa bell’acqua cristallina mi butterei volentieri se non sapessi che l’organismo umano non è stato concepito per affrontare un tale shock. IMG_20140726_161817

Basta fare duecento metri per scoprire chi si sollazza in queste acque.

Tre foche

Proprio loro, le foche, sempre accompagnate da un nutrito stuolo di turisti, soprattutto giapponesi pronti ad immortalarne le prodezze.