Attentato all’identità nazionale

I fatti di ieri nella tranquilla cittadina di Ottawa hanno causato sgomento e si diffonde l’idea che il Canada abbia perso l’innocenza, l’ingenuità, l’idea insomma che questo paese pacifico, amante del verde e della diversità non sia immune alla violenza islamica. Ma cosa è successo ieri?  Finora si sa solo che un militare canadese di 24 anni, Nathan Frank Cirillo, è stato ucciso da un connazionale, Micheal Zehaf-Bibeau, nel luogo più emblematico della vita politica di questo paese, il monumento ai caduti. L’attentatore si è poi recato all’interno del parlamento aprendo il fuoco a pochi passi dalla sala nella quale si trovava il Primo Ministro, nel luogo in cui si gestano le decisioni politiche che definiscono gli aspetti giuridici del paese. L’attentatore che ha seminato il panico nella capitale è stato abbattutto prima che potesse causare ulteriori vittime, ragion per cui sarà più difficile accertare la dinamica e la responsabilità dei fatti.

All’indomani di un attentato che ha gettato sgomento in un paese tranquillo e ordinato come questo le certezze sono poche. Che significato ha la violenza di ieri? Che lettura si può fare di questo attentato? Che senso ha uccidere un soldato che svolge una funzione di rappresentanza di fronte ad un monumento che commemora i caduti, soprattutto in un anno in cui si celebra il centenario dell’inizio della prima guerra mondiale? Non sarebbe difficile leggere l’aspetto simbolico del gesto che potrebbe essere interpretato come un atto di denuncia nei confronti della politica militare del paese che, nonostante si dichiari “peace loving”, in poche occasioni si è tirato indietro quando il potente vicino si è impegnato in campagne belliche oltremare. Nel frattempo la polizia si impegnerà a trovare delle risposte concrete, a stabilire cosa sia successo e a riportare ordine nel paese sconvolto dalla violenza gratuita dell’attentato che ne ha messo in evidenza la vulnerabilità.

Se non si riesce ancora a stabilire chi siano stati i mandanti, se l’attentatore rappresenti la punta dell’iceberg di un’organizzazione terroristica, se sia uno sbandato che abbia agito senza l’appoggio di terzi, la risposta dei politici indica che la sparatoria di Ottawa costituisce un attentato all’identità canadese. A poche ore dai fatti il primo ministro e gli esponenti della maggioranza e dell’opposizione hanno fatto appello ai valori sui quali si costruisce questa democrazia, un paese amante della pace ed aperto alla diversità. La calma dei politici apparsi nei media mi ha sorpreso forse di più dell’attentato, abituata alle reazioni dei politici americani e, perché no, di quelli nostrani. Quel che è emerso dai discorsi di Stephen Harper, di Justine Trudeau e di Thomas Mulcair è che questo attentato, qualsiasi cosa ci sia dietro, è percepito come un attacco all’identità canadese, a quei valori sui quali questo enorme paese ha costruito un’immagine idillica di un paese nordamericano dalle caratteristiche europee, con un Welfare da far impallidire il vicino a stelle e strisce e con forti valori civici, un paese accogliente, gentile, che fa del rispetto e della solidarietà i pilastri su cui si costruisce la società. Tranquilizzando i cittadini, i politici hanno sottolineato che il terrorismo non cambierà questa società, non altererà lo stile di vita, il rapporto con gli spazi pubblici. Il Canada risponde difendendo in primo luogo la sua concezione della società e della democrazia e questo è ciò che mi piace del paese in cui ho la fortuna di vivere. So che la retorica dei politici nasconde qualche scheletruccio non da poco, ma apprezzo lo sforzo fatto per difendere una concezione della vita civile basata sul rispetto, non sull’odio, sulla solidarietà e sulla collaborazione, nel rispetto della legge.

Non siamo ingenui sottolinea Harper per ricordare all’opinione pubblica che se questo paese ha deciso di non militarizzarsi, di non blindare gli edifici pubblici non è perché sia un tontolone, ma perché ha fiducia nella convivenza pacifica e civile dei suoi cittadini. Trudeau, leader del partito Liberal, ribadisce la necessità di riaffermare i principi sui quali si costruisce il paese e non cadere nel vortice della paura, riconoscendo che “losing ourselves to fear and speculation is the intention of those who commit these heinous acts.” Non cadremo nella trappola della paura e non cambieremo il nostro stile di vita, difenderemo i valori democratici senza alterare la nostra esistenza.

They mean to shake us. We will remain resolved.

They want us to forget ourselves. Instead we should remember.

We should remember who we are. We are a proud democracy, a welcoming and peaceful nation, and a country of open arms and open hearts. We are a nation of fairness, justice and the rule of law.

I commenti di Trudeau sono chiarissimi, questo attentato vorrebbe farci dimenticare chi siamo e i valori costitutivi di questo paese, ma non ci riusciranno a farci perdere la memoria e a stravolgere l’identità di un paese pacifico che accoglie con le braccia aperte, una nazione basata sulla giustizia e sulla legalità. Sembra che più che ai terroristi si diriga ai vicini americani per ricordare che nonostante le minacce non cadremo nella trappola di comportarci come loro, non installeremo metal detective all’entrata degli edifici e, soprattutto, non inizieremo ad odiare i mussulmani e gli stranieri. Le nostre braccia e i nostri cuori non si chiuderanno, la giustizia garantirà che ogni forma di violenza riceva il dovuto castigo, ma non ci faremo prendere dalla paura e dall’ira. Non ci apriremo all’odio nei confronti dell’altro e delle comunità islamiche presenti nel paese. Non lasceremo che i criminali “decide how we use our shared public spaces.” Il riferimento agli spazi pubblici è fondamentale perché è proprio l’uso degli spazi pubblici ciò che separa i due paesi, il Canada e gli Stati Uniti. Il Canada, seguendo l’esempio europeo, ha continuato a credere nell’importanza di creare spazi publici accoglienti nei quali cittadini di etnie e credi diversi possano convivere pacificamente. Lo spazio pubblico diventa la metafora di uno stile di vita che non si piega alla paura, che continua a credere nella convivenza civile e democratica.

Trudeau sente la necessità di rivolgersi alla comunità mussulmana residente nel paese per ribadire i vincoli pacifici che uniscono tutti i canadesi.

To our friends and fellow citizens in the Muslim community, Canadians know acts such as these committed in the name of Islam are an aberration of your faith. Continued mutual cooperation and respect will help prevent the influence of distorted ideological propaganda posing as religion. We will walk forward together, not apart.

Consapevole del fatto che gli attentati come quello di ieri possano fomentare l’odio raziale e religioso ci tiene a sottolineare che il terrorismo islamico costituisce un’aberrazione, una distorsione ideologica. Di conseguenza il governo si propone di collaborare civilmente, nel rispetto della diversità culturale e religiosa.

Tutti i politici sanno che con questo attentato è in gioco l’identità nazionale, uno stile di vita, una concezione della democrazia.

Se si tratta di uno scontro di civiltà, non è tra l’occidente e l’oriente, ma tra due concezioni diametralmente opposte della convivenza civile. Non cederemo all’ira, all’odio e alla paura, non permetteremo che la barbarie dell’odio contagi la convivenza civile afferma il lider dell’opposizione, Thomas Mulcair del National Demcratic Party, che ribadisce

Canada is shaken today, but we shall not waver.

We woke up this morning in a country blessed by love, diversity and peace, and tomorrow we will do the same.

These acts were driven by hatred, but also designed to drive us to hate.

They will not.

We will stand up, and we will stand together.

We will persevere, and we will prevail.

La risposta americana all’11 settembre ha insegnato qualcosa ai vicini canadesi, a non permettere che il paese perda la sua identità. Lo scontro di civiltà si gioca negli spazi pubblici, nella relazione con l’altro, nel modo di intendere la vita democratica. La risposta dei politici canadesi è un appello alla difesa dei valori sui quali si basa la convivenza civile, il dialogo, la concordia, il rispetto reciproco, una concezione della vita che non lascia spazio all’integralismo.

Il testo del discorso di Trudeau, è disponibile on-line http://www.macleans.ca/politics/parliament-hill-shooting-justin-trudeau-remarks-from-parliament-hill/

Il discorso di Mulcair, più breve, ma ugualmente emblematico può essere letto su questa pagina http://www.macleans.ca/politics/parliament-hill-shooting-thomas-mulcairs-remarks-to-the-nation/

Maternità a la carte

Leggo questa mattina la notizia della proposta di Apple e Google di pagare per il trattamento di congelamento degli ovuli delle dirigenti impegnate in queste famose aziende. Il Guardian, sempre attento alle questioni concernenti le donne, si fa eco della proposta e pone interessanti domande al riguardo. Le compagnie informatiche presentano la loro proposta come un ulteriore bonus offerto alle donne e lo propongono come iniziativa solidale, atta a permettere la conciliazione della vita professionale con quella familiare. Insomma questi luminari dell’epoca digitale ci dicono che come donne possiamo mettere in pausa l’orologio biologico e dedicarci da buone schiavette all’impresa per poi una volta superato il picco di produttività rilassarci e concederci anche un figlio, quando la natura vorrebbe che ormai ci dedicassimo ad altro. Ecco cosa può fare la scienza per le donne, permettere loro di postporre oltre i limiti imposti dalla natura l’aspetto riproduttivo in modo che non interferisca con l’aspetto produttivo, fondamentale per il corretto funzionamento dell’ingranaggio neoliberale. Tale proposta mi fa orrore, la trovo insultante e sminuente per le donne. Perché non si prova a mettere in atto una politica che permetta di non dover scegliere tra la maternità e il lavoro? Perché si è deciso che il modello maschile debba imporsi? Perché cerchiamo di trasformare le donne in uomini, almeno finché possono essere utili all’azienda? Non esistono forse modelli alternativi che permettano che una donna non debba rinunciare alla maternità quando la natura glielo permette? Mi sembra un macabro esperimento di fantascienza. Poco ci manca che propongano di inserire gli ovuli fecondati in madri in affitto in modo che le donne in carriera non debbano neanche perdere tempo con la gestazione. L’assurdità della proposta mi ricorda A Modest Proposal di Swift. Lui consigliava di mangiare i bambini inglesi, qui invece si propone di testarli quando faccia comodo all’impresa, dopo che la donna ha donato gli anni migliori al lavoro. Francamente mi fa orrore una società che gioca così con l’umanità della persona, che antepone la produttività aziendale a ogni altra cosa. Mi domando se chi ha pensato a tale proposta abbia mai avuto a che fare con un bebè, con una creatura indifesa che richiede cure continue e un’energia che a cinquant’anni non si ha più.

Sono cresciuta con una madre intelligente e indipendente che per una serie di circostanze ha avuto due figlie alla soglia dei quaranta, in un’epoca in cui postporre la maternità non era ancora di moda. Sebbene mia madre, una donna laureata, con una vita professionale alle spalle, mi ha sempre ripetuto che i figli bisogna averli da giovani quando si ha l’energia per crescerli. Oggigiorno fare un figlio a 37 o 38 anni sembra più che normale, anzi ci si spinge anche oltre i 40 per dare alla luce il primo figlio. Sembra che gli ostacoli posti dalla natura siano facilmente superabili, ma mi sembra che ci si dimentichi di alcuni fattori fondamentali. Come si fa a tirare su un figlio quando le forze iniziano a lasciarci? Come si fa a stare svegli tutta la notte con un neonato? Come si riuscirà a fronteggiare gli anni turbolenti dell’adolescenza alle soglie dei 60 o dei 70 anni? Ci stiamo abiuando a pensare che la vita umana non abbia limiti e che un figlio concepito a 40 o addirittura a 50 anni abbia le stesse aspettative di vita di uno concepito vent’anni prima. Mi fa pena pensare a quei figli destinati a rimanere orfani in tenera età perché i genitori hanno deciso di metterli al mondo quando faceva comodo all’impresa. Per permettere che le donne possano avere figli senza dover rinunciare alla vita professionale il metodo Findus non convince.