Non ho mai tempo: ricordi fioriti

Ebbene sì come tutti del resto vivo sempre con l’acqua alla gola, il tempo non basta mai, o meglio non basta mai l’energia per poter correre tutto il giorno per mantenersi in costante attività ogni secondo, ogni minuto, ogni ora. E così le foto languono in un file da cui spero sempre di tirarle fuori per mostrarle a chi ha il tempo e la voglia di entrare in questo spazio virtuale. Durante l’inverno sono tornata diverse volte a Butchart Gardens a visitare i giardini. Il cielo è grigio, l’atmosfera sonnolenta come suole avvenire durante i mesi invernali. Siamo in febbraio, il sole tramonta presto e le nuvole ci coccolano concedendoci un clima tutto sommato mite per queste latitudini. La pioggia abbondante di questi mesi favorisce la crescita di una vegetazione rigogliosa. La natura si risveglia e sbocciano i primi fiori. Nel giardino giapponese osserviamo un’armonia di muschi che ricoprono i tronchi e i rami degli alberi ormai senza foglie. All’interno delle serre invece è un tripudio di colori, dai tulipani alle orchidee. La natura ha i suoi tempi ed una saggezza infinita che solo in parte riusciamo a cogliere presi dalla fretta. Buona visione!!!

 

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Amiche di classe

Avrete notato negli ultimi tempi che Insonniamarina ha cambiato veste grafica un paio di volte. Ebbene sì sarà la primavera, sarà che avevo voglia di cambiamenti, sarà anche che in teoria cambiare il blog è più semplice e decisamente più economico rispetto ad una seduta dal parrucchiere, un pomeriggio di shopping o un massaggio rilassante, quindi in questi giorni mi sono sbizzarrita. Volevo trovare qualcosa di un po’ diverso, ma tant’è i risultati non mi convincevano. Sono andata a tentoni. Poi un giorno mi sono accorta che il blog non lo leggeva praticamente più nessuno. Non che di solito ci sia grande affluenza, ma mi sembrava che ci fosse qualcosa che non andasse, ma era la fine di aprile, un periodaccio per chi si lascia accumulare migliaia di scadenze adattando la tecnica dello struzzo. Insomma una volta riaffiorata dalla sabbia, spedita finalmente la dichiarazione dei redditi, completati vari progetti ormai improrogabili che non mi facevano più dormire, riguardo il mio alter ego e mi accorgo che c’è qualcosa che non va.
E’ grazie ad una cara amica,, che ho iniziato a scrivere ed è ancora grazie a lei che ho scoperto l’arcano mistero del blog. E chi se non lei poteva aggiungere classe e charm ad Insonniamarina?
Proprio lei, la mitica Dear Miss Fletcher, che ebbe la bontà di dedicarmi un bellissimo post, mi è venuta di nuovo in aiuto, suggerendomi di dare un tocco “marino” al blog.
Dear Miss Fletcher è un’amica veramente di classe, con lei ho condiviso avventure, letture, musica, amicizie, spiagge, università, progetti e tante risate. Allora, vi piace il nuovo Insonniamarina? A me, molto. Grazie, amica di classe!

Non c’é pioggia che tenga

Il sole si sta svegliando, ma Insonniamarina è già arzilla da un bel po’, diciamo che dalle 4 o forse anche prima. A quell’ora la pioggia ticchettava allegramente sul tetto facendo presagire una giornata piuttosto autunnale. Non c’è como l’insonnia per far vacillare anche i più intrepidi esploratori, che poi in questo caso tanto intrepidi non sono. Comunque mentre stavo per soccombere alle lusinghe della pigrizia  ecco che  sono accorse a soccorrermi due voci familiari e lontane: “Fatte animu!” mi esortava la prima in genovese.  “Fatti animo, non arrenderti per così poco. Alzati e vai!” insisteva l’altra. Madre e figlia, ossia nonna e mamma erano riapparse dalle brume del passato per riscuotermi dal torpore e spronarmi all’azione. Ed io figlia e nipote tutto sommato obbediente sono scattata sull’attenti e mi sono messa in moto: caffè, doccia e poi un attimo di esitazione al momento di valutare che libro mettere in borsa. In fine “Si parte” annuncio speranzosa, tanto speranzosa da non portarmi neanche l’ombrello, perché è pensate e ingombra. Nel frattempo ha smesso di piovere ed io sono speranzosa. Mi metto in macchina, le strade sono sgombre, la città è ancora sonnolenta. E’ bello transitare all’alba immaginando le avventure che mi attendono, le incognite di un viaggio lampo, di una breve escursione a Vancouver. Non c’è traffico e si arriva in breve al terminal traghetti. E’ un martedì qualunque, non c’è fila alla biglietteria. Da bordo la vista è splendida. Il sole, timidino, tenta di aprirsi un varco tra le nuvole. Si specchia tra le acque argentate. Laggiù è silenzio, natura incontaminata, solitudine e pace.IMG_20150505_070532 IMG_20150505_070545

C’è un senso di mistero nell’aria. Cammino da prua a poppa per godermi il panorama da entrambi i lati, per vedere tutte le isolette di quest’arcipelago che circonda l’isola di Vancouver. E’ un puzzle di isole e pinete avvolte dal silenzio di una giornata quasi invernale.

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Il sole inizia a sorgere, ma le nuvole hanno la meglio.IMG_20150505_070938 IMG_20150505_070910 IMG_20150505_070723 IMG_20150505_070710 IMG_20150505_070621 IMG_20150505_070556

Sono appena le sette e gli altri passeggeri se ne stanno al calduccio a sorseggiare il primo caffè della giornata. Io invece non voglio perdermi questo spettacolo fantastico. Opto per un altro giretto dopo aver meditato di tornare dentro. Mi aggiro meditabonda. Come al solito ho freddo. Cerco di scaldarmi le mani e parte uno scatto a sorpresa. Se avessi cercato di raggiungere questo effetto selfie di riflesso non ci sarei certo riuscita. Invece eccomi qui, francamente un po’ infreddolita.IMG_20150505_071111 IMG_20150505_071109 IMG_20150505_071034 IMG_20150505_070938Continuiamo la navigazione, ma la brezza mattutina inizia a farsi sentire. Il freddo mi fa prudere le mani. E’ uno strano effetto collaterale. Sarò diventata allergica alle basse temperature. Con l’età questo ed altro. Ma suvvia non posso mica arrendermi così. Ancora qualche scatto e poi vado dentro. Nel frattempo mi imbatto in una cartina che illustra in modo più razionale del mio sguardo erratico la geografia della zona. Il traghetto fa lo zig zag tra le isole per raggiungere la terra ferma.

 

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Non riuscirò mai a ricordare i nomi di tutte queste isole e soprattutto a riconoscerle, ma non mi stanco mai di ammirarle.

Mi guardo intorno e mi vengono in mente i versi di Antonio Machado: “Caminante no hay camino, sino estelas en la mar”. Una traccia evanescente segna il cammino percorso. Il cielo lentamente si rischiara. Intravvedo un piccolo faro in miniatura.

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Eccolo lì solitario tra gli alberi. Le parole non riescono a captare il mistero di questi orizzonti.IMG_20150505_073818IMG_20150505_080034IMG_20150505_073746