Su per il Malahat, dove terra e mare giocano a nascondino

L’isola di Vancouver presenta un’infinita gamma di paesaggi, sia per la varietà che per l’imprevedibilità delle vedute panoramiche che appaiono, come per magia, curva dopo curva. Basta allontanarsi di poco da Victoria che la natura ci accoglie maestosa, con mille sfumature di verde, da quello intenso delle conifere a quello più grigiastro delle querce, in particolare la versione locale, il famoso Garry Oak, fino al verde intenso dell’Arbutus, una albero davvero unico, sia per le forme che per i colori. Viaggiando per l’autostrada 1, Transcanada Highway, il paesaggio acquisisce immediatamente un aspetto alpino. Abeti immensi fiancheggiano la strada che si inerpica sinuosa tra parchi naturali, ruscelli e laghetti. Passiamo il Goldstream Provincial Park, un parco naturale che ricorda la storia recente dell’isola, il cui passato è indissolubilmente legato alla febbre dell’oro, il Gold Rush. Nelle acque del torrente che lo attraversa si avvicendarono avventurieri di ogni tipo, senza alterare il ciclo naturale della vita. In questi corsi d’acqua risalgono ogni anno i salmoni che giungono esausti a riprodursi dove sono nati. Ci torneremo in ottobre per assistere a questa dichiarazione d’amore in cui vita e morte si fondono.

Oggi la nostra meta è raggiungere il paesino di Cowichan, l’unica Cittaslow del Pacifico, un’oasi di pace nella quale si possono gustare i prodotti locali: formaggi, vini, pane, pesce fresco, salmone, frutti di bosco, dolci e marmellate per una dieta sana e uno stile di vita più umano.

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Per arrivarci attraversiamo il Malahat, una zona montuosa dalla quale si gode una vista magnifica, tra mare e terra, tra fiordi, insenature, isolette che si estendono sconfinate all’orizzonte. La sensazione è simile a quella provata nel nord della Scozia quando la mente umana si dimostra incapace di distinguere tra isole, promontori e penisole, in un gioco di forme nel quale mi perdo volentieri.

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Ci fermiamo ad ammirare il panorama della baia che divide questa parte dell’isola dalla penisola di Saanich che si protende verso nord parallela all’autostrada. Dall’alto del Malahat la vista spazia su isolotti minuscoli e una serie di isole, le Gulph Island.

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Sullo sfondo si intravvedono le San Juan Islands che fanno parte degli Stati Uniti, per cui è necessario munirsi di passaporto e di visto d’entrata per noi italiani. Ci accontentiamo di guardarle da lontano, ma forse un giorno ci faremo un salto con il traghetto.

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Ho scattato alcune foto, ma il mascarpone, ossia il mio smartphone, non ha una gran risoluzione e non riesce a far giustizia alla bellezza e alla complessità dell’archipelago e delle vette che si intravvedono in lontananza. Con questa foschia non riusciamo a vedere Mount Baker, quello che avevamo ammirato da Sidney, ve lo ricordate? Nelle giornate terse è un punto di riferimento importante per chi vuole orientarsi nella complessa geografia di questa parte del mondo. Io ci ho rinunciato, preferisco godermi la bellezza del paesaggio marino senza preoccuparmi di identificare ogni isola.

 

Avrete notato che tra le zone forestali ci sono anche insediamenti umani di varia grandezza e un’infinità di porticcioli. Avete scorto una zona pianeggiante priva di vegetazione? Non preoccupatevi, non è vittima della speculazione edilizia, è l’aeroporto di Victoria, situato nell’estremo nord della penisola di Saanich. Ricordo che un giorno, avevo chiesto al tassista che mi accompagnava all’aeroporto come mai in una città così piccola si dovessero fare circa 30Km per poter decollare. “You see, it was the only flat area they could find” mi aveva risposto con una certa rassegnazione spiegandomi che non sarebbe stato possibile costruire una pista d’atterraggio in nessun altro posto. Ovviamente non erano stati a Genova, ma forse è meglio così.

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Aguzziamo la vista e godiamoci l’azzurro del mare, il verde delle isole e le tonalità imprevedibili delle nuvole.

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Ripartiamo verso Cowichan. Raggiunta la vetta del Malahat, la strada discende tra i tornanti e il paesaggio si fa più dolce, lasciando spazio alle colline e ai vigneti, oltre alle fattorie. La bellezza del posto ha attratto artigiani e artisti che hanno aperto le loro botteghe nella zona.

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Il paesino di Cowichan è un piccolo lembo di terra affacciato all’insenatura che lo divide da Salt Spring Island. Era un villaggio di pescatori, con case galleggianti, oltre che cantieri per la costruzione e la riparazione delle imbarcazioni, elemento indispensabile per orientarsi in questa geografia. Da qui transitava il legname proviente dal nord dell’isola, vero e proprio oro vegetale per l’economia di Vancouver Island fino alla crisi del settore del legno.

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In epoche più remote quando queste zone erano abitate unicamente dalle tribù locali, si viveva di pesca, soprattutto del salmone e nella zona doveva regnare una pace paradisiaca.

Attualmente a Cowichan si viene in gita o in vacanza a gustare i prodotti locali, a fare il giro dei vigneti e ad assaporare i vini locali, i formaggi di capra, prodotti in situ o importati dall’isola di fronte, Salt Spring Island, accompagnandoli con un pane delizioso prodotto da questa splendida panetteria biologica, True Grain.

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Fedele ai miei ritmi mediterranei sono arrivata dopo le 5 quando era ormai chiusa, una vera disdetta perché sia il pane che i dolci sono ottimi, prodotti con farina biologica macinata localmente e con ingredienti naturali, lievito madre, acqua, sale, niente addittivi o prodotti chimici strani. Nella cittaslow i ritmi riflettono quelli della corona, orari britannici, per intenderci. Non importa che il sole non tramonti fino alle 10, alle 6 si cena, le abitudini non cambiano, Commonwealth docet!